Riflessioni su musica, d.i.y. e cultura copyleft aggiornate con estrema lentezza (un post all'anno se va bene) - our webzine is italian only, sorry :(

28 novembre 2008

c'era una volta l'indie

Il termine "indie" nacque per indicare tout court la musica indipendente. Era un termine trasversale, non indicava un genere preciso. Si trattava più di una questione "politica". E' abbastanza naturale che le correnti più creative e fuori dagli schemi abbiano contribuito alla nascita e crescita di questa filosofia: si trattava di rimettere la creatività e l'artista nel ruolo che gli sarebbe spettato di diritto in un sistema che, detto molto banalmente, li aveva trasformati in merce vendibile alla stessa stregua di un salame. Chi pensa oggi ad "indie" pensa invece piuttosto ad un preciso genere. Magari gli vengono in mente i Franz Ferdinand o roba simile. Indie è stato quindi svuotato di significato. Secondo un processo ben noto, l'establishment ha probabilmente trovato il modo di inglobarlo al suo interno, edulcorando quello che era scomodo e portando al limite le potenzialità di sfruttamento in termini di mercato. L'indie ha quindi percorso la sua parabola di nascita, crescita, apice e decadenza: oltre ad un genere, è passato anche ad indicare una velleità artistica di cui piace fregiarsi. Tutto è indie, quindi niente lo è più. Un fenomeno simile, dagli sviluppi però non del tutto prevedibili, potrebbe ripetersi per quello che riguarda un'altra questione politica dei nostri tempi: quella del "copyleft" . Con ogni probabilità, quello che di più genuinamente indie esiste ai nostri giorni è copyleft. Tempo fa leggevamo su Losing Today , una rivista di musica indipendente che ha concluso la sua breve vita di pubblicazioni in Italia qualche anno fa, un articolo sulla piccola etichetta siciliana Snowdonia . I fondatori di Snowdonia affermavano che la loro etichetta sarebbe dovuta sparire per le più elementari leggi di mercato, ma che questo era un motivo in più per continuare ad esistere. E' la dichiarazione di intenti a cui ci sentiamo più affini. Come già diceva Svevo in un'altra epoca e per altri motivi, creatività e vita dovrebbero restare separati in questo senso: tutti vogliamo essere rock star, nessuno di noi crede in Gesù Cristo, ma affinché le creazioni tornino ad avere un ruolo nelle categorie del Bello, dell'Utile e del Giusto (leggi la politica di un autore di cui abbiamo già parlato, Humpty Dumpty) devono essere totalmente staccate da preoccupazioni di business e narcisismo fine a se stesso. Il copyleft permette di fare questo oggi con il vantaggio, rispetto all'"indie" delle origini, di poter utilizzare mezzi di produzione e diffusione ben più economici e potenti. Se il futuro vedrà realtà copyleft raggiungere livelli d'attenzione apprezzabili in termini di numeri, diverrà senza ombra di dubbio mira appetibile per il mercato di massa. Il che non è in sé, ci teniamo a sottolinearlo, qualcosa di malvagio. Ma la conapevolezza di poter anche solo semplicemente esistere e comunicare sempre più facilmente, senza dipendere da niente e nessuno, può donarci una leggerezza ed una sincerità ancora sconosciute.
Tu cosa ne pensi?

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