Riflessioni su musica, d.i.y. e cultura copyleft aggiornate con estrema lentezza (un post all'anno se va bene) - our webzine is italian only, sorry :(

24 marzo 2009

Vic Chesnutt & Elf Power: 22 Marzo Circolo degli Artisti, Roma

Il Circolo degli Artisti una volta aveva a fianco una grande parete coperta da bei murales. La si poteva scorgere come una grande quinta scenografica provenendo da Porta Maggiore e la sua apparizione era qualcosa di rassicurante . Segnalava infatti la presenza di una specie di oasi in mezzo ad una Città ostile. La parete ora è stata coperta da stupidi cartelloni pubblicitari. Lo interpretiamo come uno dei tanti segni di violenza e repressione oscurantista che qua e là colpiscono questa Città, di questi tempi.
Sta di fatto che l'oasi è sempre là, e la raggiungiamo provenendo dalla Provincia. In macchina un disco pescato assolutamente a caso per il viaggio, "Automatic for the People" dei REM. Quasi a dire che molte volte il caso non sembra per niente tale. Vic Chesnutt e gli Elf Power provengono infatti dalla stessa città. Athens in Georgia, e lo stesso Stipe ha prodotto i primi lavori di Vic.
All'ingresso, gli Elf Power suonano davanti ad un locale praticamente vuoto mentre Vic sta là, accanto all'ingresso, inconfondibile sulla sua sedia a rotelle, e dondola buffissimo la testa. Approfittiamo delle spazio per spostarci sotto il palco: gli Elf Power sono una formazione praticamente sconosciuta, almeno per noi, ma hanno il pregio di metterci immediatamente di buon umore. Il loro è un rock-folk tipicamente americano, senza troppi fronzoli, dalle strutture limpidamente pop (in questo mostrano in tutto e per tutto la loro matrice geografica) ma quello che ci piace è che le melodie ed i curatissimi arrangiamenti "respirano", lasciando un senso di allegria e leggerezza.
E' dopo un breve break che gli Elf Power ritornano insieme a Vic Chesnutt.
Pone la sua sedia a rotelle ai lati del palco, gli altri si dispongono come prima, ma seduti. Inizia con un'acuta nenia quasi senza muovere la bocca, quasi che non se ne capirebbe l'origine, e poi con pochi accordi dell'inconfondibile classica elettrificata dal suono legnoso.
Vic Chesnutt è un cantautore carismatico. Quello che ci lascia è emozione.
Il terribile incidente che lo costrinse più di venti anni fa sulla sedia a rotelle lo ha segnato profondamente anche nel fisico: nella sua postazione non è più di uno scricciolo, la semi-paralisi delle sua mani lo ha portato a sviluppare forse un'accordatura particolare ed una tecnica minimale ma profondamente originale di suonare la chitarra classica.
Tristezza, disperazione, malinconia ma anche sorrisi, scherni ed ironia attraversano la sala ora piena, emanati con energia impressionante da quel corpo fragile. Gli Elf Power sono la struttura che sorregge tutto questo, senza mai prevaricare. Sorridono tutto il tempo. Scherzano. Salta all'occhio ancora una volta come una sorta di approccio totalmente diverso al fare musica e al narrare, del tutto più naturale e cristallino. Quasi come a dire che nell'ambiente in cui si muovono, ancora giovane terreno di incontro, non debbono avere a che fare con le varie mafie, gerarchie e veleni sclerotizzati dal tempo come forma mentis, che qui ci inquinano e ci rendono così cupi. Ma forse è solo un nostro pregiudizio, derivato da un errore di prospettiva.
Il bello è che non conosciamo quasi nessuna canzone di quelle proposte: o del nuovo disco arrangiato dagli Elf Power, o della vecchia e copiosa produzione di Vic Chesnutt. North Star Deserter è il nostro riferimento principale, un disco tanto bello quanto difficilmente riproponibile live con la mole di arrangiamenti di quel crogiuolo di musicisti e sonorità che si aggirano intorno all'etichetta Constellation (vedi Godspeed You! Black Emperor, Silver Mt. Zion...). Soltanto Warm, la prima di North Star, alla fine, viene proposta a sola chitarra e voce ad una platea che lo ricostringe sul palco a forza di applausi e che ascolta in religioso silenzio.
E poi, come ultimissima cosa, Chesnutt richiama sul palco gli Elf Power, ormai chi in giro per il locale, chi al banchetto dei cd, per improvvisare "una canzone di un'altra band di Athens". Ed è Everybody Hurts, dall'album Automatic for The People dei REM. Come dire che il caso, chissà perché, molte volte non sembra tale.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

eccellente!

Unknown ha detto...

wow... e io che dormivo... :-(
Proporrei il graffitaggio recidivo degli ingombranti cartelloni publicitari, o al limite la loro sostituzione con politici appesi a testa in giù ai quali solleticare il naso con piume d'oca mentre si avanza altezzosi verso l'attesa esibizione, col petto ricolmo di orgoglio di nicchia.

Unknown ha detto...

p.s. ah, congratulescions per l'intervista!
Dagli ulivi alla conquista dell'universo!